
Il tempo del lockdown è un tempo senza fondo. Non pensiamo, e non parliamo, di altro. La nostra mente è dominata dal Covid; non riusciamo a liberarcene in nessun momento della giornata, o delle notti insonni. “Fatevi una vita interiore”, sbraitava il padre di Natalia Ginzburg ai suoi poveri figlioli, e forse è questo che dovremmo tentare per sopravvivere meglio, stavolta. Non è certo facile. Eppure potrebbe essere un’indicazione, una traccia, in questa terribile solitudine, in questo monologo ininterrotto sulla pandemia che ci abita la testa.
Su Repubblica ho provato a mettere insieme una biblioteca minima su una solitudine che non sia solo desolazione e terrore ma anche ricerca, esplorazione dei sensi, riaccensione del contatto con la propria mente e con il mondo, desiderio, semina di idee. Una solitudine creatrice, nei limiti del possibile. Ci sono Susan Sontag, Tommaso Landolfi, Flannery O’Connor, Patrick Leigh Fermour, Anna Maria Ortese, Annie Dillard e Sylvia Townsend Warner, tutti fertili solitari che possono trasformare questo tempo, citando proprio un titolo che consiglio, in un tempo di regali.