“Sì,” disse l’assistente, “la casa oggi è un luogo essenzialmente gaio. Per lavorare e studiare abbiamo scuole e uffici. Per ammalarsi, isolarsi, partorire e morire abbiamo le cliniche. Sono incidenti che turbano la vita sociale. Per questo noi ci sforziamo di fare le nostre case come piccoli bar, night-club, cinema, ristoranti, stazioni di servizio e boutiques. E le coloriamo vivacemente”.
“Io vorrei due stanze che fossero vuote,” disse il giovane, pensieroso. “Due stanze con armadi e vecchi bauli, dove non dorma nessuno. Sono nato in una casa dove c’erano due stanze vuote. Ci giocavo. Sugli armadi d’inverno mettevamo le mele. Non so, forse non riesco a spiegarmi”.
“Lei può prendere un appartamento più grande” suggerì l’assistente.
“Ci vorrei anche i nonni, una zia che non ha trovato marito e i due bambini di una sorella morta. Vorrei una casa vera”.
“Mi dispiace proprio” disse l’assistente. “Non ne abbiamo”.
Ennio Flaiano, Le ombre bianche, Adelphi 2004