Ippocastani

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Ecco, signora, non credo ai miei occhi. Nessuno sa spiegarmi dove siano finiti quegli ippocastani e, se non fosse per lei, dubiterei di aver inventato o sognato ogni cosa. Perché, sa, è sempre così con i ricordi, non si è mai sicuri. Grazie tante, signora, vado a cercare la casa nella quale ho vissuto. No, grazie, preferisco star solo.
Allora si accostò a una porta, benché non fosse quella porta, e premette il pulsante del campanello. Chiedo scusa, disse con voce del tutto normale, abita qui Andreas Sam? Ma no, rispose la donna, non sa leggere? Qui abita il professor Smerdel.
È sicura, signora, insistette lui, che qui non abiti Andreas Sam? Prima della guerra abitava qui, lo so di certo. Forse si ricorda di suo padre? Eduard Sam, con gli occhiali. O magari si ricorda di sua madre, Maria Sam, alta, bella, molto riservata, o di sua sorella, Anna Sam, sempre con un fiocco in testa. Ecco, vede, là dove si trova quel riquadro di cipolle c’era il loro letto. Vede, signora, me lo ricordo perfettamente. Qui c’era la macchina da cucire di sua madre, Maria Sam. Era una Singer, a pedale.
Oh, non si preoccupi, signora, sto solo evocando dei ricordi, sa, dopo tanti anni ogni cosa scompare. Ecco, vede, nel punto dove era il mio letto è cresciuto un melo, e la Singer si è trasformata in un cespuglio di rose. Ma degli ippocastani, signora, come vede, non c’è traccia. La ragione, signora, è che gli ippocastani non hanno ricordi propri.

Danilo Kiš, Dolori precoci, Adelphi 1993, trad. di Lionello Costantini