Mio padre adesso riempie il mondo
della sua essenza; vedo solo lui.
È divenuto enorme nei paraggi
dell’ora suprema chiamata Finale.
Cammina da una riva all’altra
e la sua calvizie è la luna stessa.
Non è mai stato più santo di adesso
ed è più terrestre che mai.
Non ho il diritto di parlargli. E se
lo tocco mi resta sulla mano
uno strano polline, come di farfalla,
e sento le dita atterrite e vecchie.
Mio padre abbandona la mia carne.
Gli occhiali soltanto gli ho sottratto
per portarli nel sonno quando giunge il Sogno,
per non diventar cieca
e non cadere dal letto.
Nina Cassian, C’è modo e modo di sparire. Poesie 1945-2007, Adelphi 2013, trad. di Anita Natascia Bernacchia e Ottavio Fatica